IL COACHING COME ANTIDOTO ALLA MEDIOCRITÀ

coaching Nov 06, 2018

Uno studio sulla possibilità di trasformare buoni manager in grandi leader ha messo in evidenza come la produttività sia uno dei fattori maggiormente distintivi per determinare la Leadership.

Un leader è di gran lunga più produttivo di un, seppur buon, manager.

E fino a qui, nulla di nuovo.

Ma la domanda è: è possibile trasformare un buon manager in un leader? E perché accontentarsi di avere pochi leader -se non uno solo- quando se ne potrebbero avere molti di più?

La Leadership non è una qualità esclusiva: una società non è un alveare in cui può esistere una sola ape regina.

Inoltre, forse non tutti sanno che la leadership è contagiosa: lavorare a stretto contatto con persone altamente performanti e in grado di influenzare l’ambiente porta inevitabilmente a dare il massimo di se stessi, alzando sempre di più il proprio standard e contribuendo a creare un ambiente estremamente competitivo a livello di risultati.

Probabilmente da molto tempo ci si focalizza sull’individuazione di qualche top performer piuttosto che sul trasformare tutti i manager in top performer.

Perché accettare la mediocrità piuttosto che puntare all’eccezionalità?

Molti studi di settore confermano che la stasi di un’organizzazione non va ricercata in quei manager considerati poco efficaci e poco performanti, bensì nella grande maggioranza di manager mediocri.

La Leadership si compone di diversi caratteri distintivi e non è umanamente possibile che una persona li incarni tutti. Ognuno ha i propri talenti e un proprio stile. Ecco perché sviluppare al massimo le competenze distintive nel maggior numero di persone può dar vita a squadre di top performer assolutamente vincenti.

Come è noto, uno dei migliori programmi di SBC-Group è il programma sul Mindset e qui si sta parlando proprio di un cambio di atteggiamento mentale: non più puntare solo ed esclusivamente sul leader visionario, bensì sull’ottimizzazione delle diversità e dei talenti all’interno dell’Azienda.

Spesso le persone si accontentano di raggiungere buone prestazioni, non è, infatti, così usuale puntare all’eccellenza, soprattutto se non richiesto. E, comunque, superare un proprio limite richiede uno sforzo di cambiamento.

SBC-Group ha partecipato con Zenger & Folkman a un ingente studio sulla Leadership individuando le 16 competenze distintive di un Leader.

Nelle primissime posizioni troviamo la pratica dell’autosviluppo.

È a questo punto che interviene il Coaching.

Il Coaching ha un duplice effetto: non solo interviene su quelle aree di criticità che hanno bisogno di implementazione, ma sfida le persone a migliorarsi sempre di più lavorando su quelli che sono già i loro punti di forza: questa è la chiave per uscire dalla mediocrità ed entrare nella straordinarietà.

Vi sarà sicuramente capitato, durante una valutazione del vostro operato, che venissero messe in luce soprattutto le vostre mancanze e che si puntasse soprattutto sulle vostre aree di miglioramento piuttosto che sulle vostre eccellenze. Sappiate che lavorando solo sulla riduzione delle criticità e non sull’implementazione dei punti di forza, si rimane nella media: quel tipo di lavoro produce buoni manager ma non leader straordinari.

Il Coaching è sicuramente uno strumento per riscoprire le proprie risorse interne e sviluppare il proprio potenziale ma l’intervento non può essere solo orientato a colmare le lacune, l’effort maggiore andrebbe speso sul miglioramento esponenziale dei punti di forza.

Parlo di punti forza al plurale perché da moltissime ricerche emerge che la chiave per essere un leader straordinario sta in una combinazione di vari e diversi punti di forza.

Ecco perché spesso il solo portare buoni risultati non basta.

Spesso vengo in contatto con manager che non raggiungono tutti gli obiettivi o che non riescono a ottenere grandi risultati  a causa della loro poca influenza sulla proattività, produttività ed efficacia dei loro team.

Questa loro mancanza non solo influisce sul business ma mina profondamente anche la loro leadership per cui anche i loro punti di forza vengono oscurati.

Quindi il Coaching sicuramente incide sulle aree di debolezza ma contemporaneamente dev’essere orientato alla valorizzazione del potenziale e del talento, deve avere una visione più ampia della persona e non intervenire solo settorialmente sulle competenze cosiddette “tecniche” perché, nella maggior parte dei casi, sono quelle che impattano meno sull’efficacia, sulle performance e sulla leadership.

Il vero Coaching interviene trasversalmente in tutte le aree della vita professionale e non, portando le persone non solo all’acquisizione di mere strategie ma a un reale cambiamento di paradigma per cui l’autosviluppo (assunto fondamentale della Leadership) diventa un’abitudine imprescindibile a cui dedicarsi per tutta la vita.

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